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Tutto quello che c’è da sapere sul MIV

Mercoledì 4 settembre si è tenuto, a Palazzo Mezzanotte, il primo evento dedicato al MIV – il Mercato per i Veicoli che Investono in Economia Reale – volto a illustrare le importanti novità regolamentari introdotte a partire dal 3 giugno 2019.

Ma andiamo con ordine. 

Che cos’è il MIV?

Il MIV è il mercato di riferimento per la quotazione di fondi e veicoli societari che investono in strumenti di economia reale. Ospita due segmenti – retail e professionale – e diverse strategie di investimento: è infatti pensato per i fondi di private debt, private equity e venture capital, per i fondi con strategie dedicate a settori specifici (real estate, healthcare, infrastructures…) o multistrategy, per le SPAC e per le società che non hanno ancora completato la propria strategia di investimento. A fine luglio 2019 sono 17 i veicoli quotati, con una capitalizzazione aggregata di 1,4 miliardi di euro.

Perché ha avuto bisogno di rinnovarsi?

Perché negli ultimi dieci anni il mercato è profondamente cambiato. Di quei 17 veicoli quotati, 15 sono FIA retail immobiliari, sbarcati sul MIV durante gli anni appena precedenti la crisi. Nel giro di poco tempo le quotazioni del settore – all’epoca vicine ai massimi storici – vengono travolte dalla crisi americana e i fondi subiscono un tracollo del 50-60% in termini di valore. Questo ha creato non solo un significativo badwill per Borsa, ma anche un precedente in grado di disincentivare qualsiasi altro operatore con un fondo di investimento in gestione ad approcciarsi al mercato dei capitali.

Quali le novità introdotte per scongiurare questo fenomeno?

La principale riguarda proprio il meccanismo di determinazione del prezzo al quale avvengono le contrattazioni, elaborato da Borsa dopo essersi confrontata con le richieste e le esigenze degli operatori di settore. In virtù della peculiare shareholder base di un FIA chiuso, della logica di lungo periodo dei sottoscrittori nonché dell’illiquidità degli asset sottostanti – e delle conseguenti modalità di calcolo del Net Asset Value – è stato stabilito un limite alla variazione dei prezzi di negoziazione. Tale limite consiste nell’ancorare i prezzi al valore del NAV vigente (i.e. l’ultimo ufficiale), stabilendo una fascia di oscillazione che, qualora rispettata, permette la validazione immediata e automatica della transazione. 

Qual è lo scostamento di prezzo “tollerato” rispetto al NAV?

Sono state create quattro fasce di oscillazione, corrispondenti ad altrettante strategie di investimento: i fondi di private debt possono essere negoziati automaticamente a prezzi che non si discostano di oltre il 7,5% – in positivo e in negativo – dal valore del NAV; per i fondi generalisti il range è del 10%; per i fondi di private equity vengono accettate oscillazioni del 15%; per i fondi di venture capital la fascia arriva al 20%. Tutto questo non preclude la possibilità di chiudere negoziazioni a un prezzo che esuli dall’intervallo stabilito. Qualora accada, la contrattazione entra in uno stato di circuit breaker, gli operatori di Borsa effettuano le dovute verifiche e, se la transazione risulta regolare, viene autorizzata e perfezionata. Il punto centrale è che, a differenza degli strumenti quotati tradizionali, tale prezzo “fuori limite” non impatta in alcun modo le transazioni future. Il trading viene sostanzialmente azzerato ogni giorno, ripartendo sempre dal NAV quale valore di riferimento. 

Ogni quanto va aggiornato il NAV?

L’emittente deve dare comunicazione del NAV con periodicità almeno semestrale. In aggiunta, ha il dovere di aggiornare il valore del fondo – comunicandolo preventivamente a Borsa – in seguito a ogni evento price sensitive che possa impattare in modo rilevante sulla valorizzazione complessiva del NAV (e.g. rimborso di capitale, distribuzione di proventi, investimenti/disinvestimenti significativi).

Quando può quotarsi un fondo, e come funziona?

Un fondo chiuso che funziona a chiamata, vale a dire con il tradizionale meccanismo delle capital call sulla base delle opportunità di investimento, può quotarsi una volta concluso il periodo di investimento stesso, quando cioè i relativi richiami di capitale sono terminati. Non è necessario che il capitale sia completamente investito – anche se, per ottimizzare l’IRR, di norma quanto richiamato viene impiegato pressoché contestualmente. L’eccezione è un fondo chiuso che sceglie di quotarsi durante il fundraising, fattispecie consentita ma solo a condizione che il capitale venga subito richiamato nella sua totalità. Diversamente, altri veicoli come i Permanent Capital, il cui uso è già consolidato in Inghilterra, si quotano necessariamente a partire dal lancio per raccogliere capitale – con un meccanismo molto simile all’IPO – e, avendo una durata legale di cinquant’anni, possono tornare sul mercato più volte, sfruttando ripetuti aumenti di capitale per incrementare i propri AuM, investendo periodicamente le somme raccolte. 

Il processo di ammissione è rapido?

La due diligence è piuttosto leggera, anche perché si prende in considerazione il fatto che il gestore abbia già subìto l’istruttoria di Banca d’Italia per ottenere l’autorizzazione a gestire il fondo. Borsa Italiana effettua una serie di controlli basilari sul fondo e sul suo regolamento: la presenza di un flottante e di una capitalizzazione di mercato minimi, un’adeguata frammentazione della base di investitori, la stabilità del capitale, la presenza di clausole nel regolamento che non precludano la quotazione del fondo, il trattamento paritetico delle quote e la possibilità che nuovi sottoscrittori possano entrare a far parte del fondo senza che vi sia un veto da parte del gestore. Nonostante si tratti di verifiche che vanno effettuate caso per caso, il processo è snello e dura al massimo tre settimane. A livello operativo, se per una quotazione in aumento di capitale tipica del Permanent Capital Vehicle è necessario un pool di banche collocatrici, per un fondo chiuso è sufficiente l’affiancamento di uno studio legale che rediga il prospetto di ammissione. 

«Al di là dell’aspetto finanziario, il MIV rappresenta un ambiente di quotazione in grado di coniugare la flessibilità delle procedure con lo standing derivante dal mercato regolamentato» commenta Daniele Colantonio, che è intervenuto come speaker durante il MIV Day. «Gli emittenti beneficiano così di maggiore credibilità e visibilità presso gli investitori specializzati, con la conseguente possibilità di attrarre un parterre più ampio e diversificato, che includa gli asset owners, velocizzando al contempo la raccolta e potendo puntare a maggiori dimensioni in termini di offerta». Per i fondi di private debt, la quotazione rappresenta una vera e propria sfida: «L’esigenza di passare a un portafoglio illiquido è oggi vitale per ottenere un minimo di redditività: Anthilia BIT III presenta un rendimento effettivo medio degli impieghi pari al 5,90%, valore significativo se paragonato allo 0,30% dei governativi italiani a 5 anni. In quest’ottica, Anthilia è un potenziale gestore di fondi emittenti, che ha ben presente la necessità di strutturare prodotti alternativi con una customizzazione adeguata alla quotazione. Lo sforzo di Borsa Italiana di unire produzione e distribuzione in un’unica piattaforma è apprezzabile e molto coerente in questa fase di mercato. La sfida del secondario non può che essere colta».