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Eurogruppo al terzo round ma le divergenze restano molte

Oggi è in corso il terzo round dell’Eurogruppo che, dopo i precedenti due tentativi rivelatisi fallimentari, è chiamato a raggiungere un accordo per suggerire ai Capi di Stato dei paesi membri una linea comune per fronteggiare l’emergenza sanitaria ed economica dovuta al Coronavirus.

Il primo tentativo, di ormai oltre 2 settimane fa, è naufragato rapidamente per via di divergenze troppo nette tra i paesi “rigoristi” del nord (capeggiati da Germania e Olanda) e i paesi “periferici” del sud capeggiati dall’Italia e dalla Spagna. Nel mentre, nelle due settimane che intercorrevano tra il primo summit e quello di martedì, abbiamo assistito a diversi passi in avanti: paese dopo paese, compresa la Francia, si sono affiancati al fronte del sud, segnali di apertura importanti (anche dalla Germania) non sono mancati e gli appelli sono arrivati numerosi anche dagli alti esponenti europei. Nonostante questo, il secondo meeting, dopo un intera notte di trattative, non ha portato a nessun accordo e sebbene dei passi avanti siano stati fatti, alcune divergenze sostanziali non sono state superate, complice l’opposizione Olandese che non accenna d’affievolirsi.

Ma rivediamo quali sono i temi al centro del dibattito e quali le posizioni dei diversi Stati membri:

  1. Lo schema SURE, proposto direttamente dalla Commissione Europea per estendere i sussidi di disoccupazione a livello europeo con una dotazione da 100 € mld. Su questo punto tutti i paesi europei sono d’accordo.
  2. La ricapitalizzazione della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) per garantire i prestiti erogati alle imprese Europee in difficoltà fino per un ammontare di 200 € mld. Anche su questo tema tutti i paesi dell’Unione sono d’accordo
  3. L’erogazione da parte del MES di prestiti ai paesi che ne fanno richiesta per un importo pari al 2% del PIL. Ed è su questo punto che iniziano le divergenze, in particolare riguardo alle condizioni richieste ai paesi che ne facciano uso. In merito sembra abbastanza condivisa a livello Europeo che l’unico vincolo ammissibile sia quello di utilizzo, ovvero di imporre che i fondi vengano spesi per gestire la crisi economico/sanitaria da Coronavirus. Se così fosse, il costo politico di accedere al Fondo Salva Stati sarebbe contenuto e molti paesi Europei vi accederebbero, limitando così gli impatti negativi che la sola richiesta d’aiuto comporterebbe in condizioni normali. Tuttavia, su questo punto, la posizione dell’Olanda e di qualche altro paese del nord, resta distante da quella del resto d’Europa. Questi paesi vorrebbero che ai prestiti del MES venissero affiancate delle condizioni più stringenti per il piano di rientro e per quello di tipo macroeconomico.
  4. Ed infine, il cavallo di battaglia di Italia e Francia, ovvero dei bond emessi a livello comunitario. Al momento, la proposta in discussione è quella Francese che prevede l’istituzione di un fondo d’emergenza europeo finanziato grazie all’emissione di bond garantiti da tutti i paesi europei. Il Fondo, che avrebbe una natura temporanea, sarebbe gestito direttamente dalla Commissione e sarebbe finalizzato alla gestione della crisi e successivamente al rilancio economico Europeo. Ed è su questo fronte che l’Europa si spacca maggiormente con un più ampio fronte nordico contrario per principio a quello che di fatto sarebbe il primo esempio di Eurobonds. Dall’altro lato, anche i paesi del sud sembrano piuttosto determinati, consapevoli della posta in gioco e del potere negoziale in loro possesso.

Vedremo cosa ne uscirà dal summit di oggi ma pare ormai difficile che il fronte degli irriducibili possa non cedere almeno su uno dei due fronti: MES con unico vincolo di utilizzo (3) o Recovery Bond (4). Inoltre la posta in gioco è ormai troppo alta, non si tratta solo della gestione della crisi sanitaria ma del futuro (sempre più incerto) dell’Unione Europea stessa che, ancora una volta, non perde occasione per sollevare, in molti, dubbi riguardo alla legittimità di vantarsi del termine “Unione”.