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Eni ostaggio tracollo petrolio, ma ancora tra i titoli oil preferiti di Equita. Preview bilancio

Il crollo shock dei futures sul petrolio – che per la prima volta nella loro storia sono scesi al di sotto dello zero, diventando negativi – gela i colossi attivi nel settore oil & gas. Il titolo Eni deraglia subito in avvio di seduta, riportando la seconda sessione consecutiva di perdite. Cedono anche Terna e Saipem. Nelle ultime ore, si è appreso che il Ministero dell’Economia e delle Finanze, titolare del 4,34% del capitale di ENI e, attraverso Cassa Depositi e Prestiti (partecipata all’82,77% dal Mef) di un’ulteriore quota del 25,76%, ha depositato la lista per la nomina del nuovo Consiglio di Amministrazione, che conferma Claudio Descalzi numero uno del gruppo del cane a sei zampe.

Ma il trend delle quotazioni petrolifere strappa la scena a qualsiasi notizia positiva per la società, che è al secondo posto per capitalizzazione di mercato di tutta Piazza Affari e che assiste a un calo delle quotazioni del 4,5% circa.

Equita SIM commenta gli smobilizzi che colpiscono in generale tutto il settore in una nuova nota, confermando l’intenzione di rimanere cauta e sottopeso sul settore. Detto questo, “i titoli che preferiamo nel segmento sono ENI, Galp che grazie a bilanci solidi e basso livello di breakeven possono sopportare meglio la debolezza del periodo”.

Sui mercati europei, il sottoindice dello Stoxx Europe 600 che monitora il trend dei titoli del comparto oil & gas perde più del 4,5%. Cedono -5% BP e Repsol.

Lo shock petrolio si ripropone anche oggi. Dopo il tonfo -300% che ha portato i prezzi del contratto WTI di maggio a capitolare ieri al di sotto dello zero, precipitando in chiusura fino a -$37,63 al barile, (una perdita, per la precisione, pari a -55,90 dollari, ovvero -306%), gli smobilizzi continuano a colpire anche i contratti più attivi, ovvero quelli sul Brent e sul WTI di giugno.

Il contratto WTI di giugno capitola di oltre -40%, scivolando fino a $11,79 al barile. Male anche il Brent, che fa -28% a $18 al barile. Il balzo del contratto WTI di maggio – che scade nella giornata di oggi – riesce a far tornare i prezzi al di sopra dello zero solo per poco tempo. I guadagni, infatti, si smorzano e il rialzo superiore a +85% non è sufficiente a compensare il crollo storico della vigilia. I prezzi del contratto WTI di maggio oscillano così attorno a -7,4 dollari al barile, tornando negativi.

Così commenta Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr, riassumendo quanto accaduto ieri:

“Il dramma ha cominciato a consumarsi dopo la chiusura europea, quando il contratto Maggio, che già scambiava 10$ sotto Giugno, è collassato a 4$, poi a 1, quindi è andato negativo, per arrivare fino a -40$, prima di recuperare marginalmente (..) La price action , senza precedenti, mostra, a quanto pare, la disponibilità degli operatori a pagare grosse cifre, pur di non vedersi recapitare del Greggio WTI che non hanno dove stoccare (..) E’ poi possibile che il roll ( passaggio di scadenza) ritardato di alcuni veicoli che investono in petrolio, e qualche trader che ha credito di speculare su una possibile chiusura del calendar spread (differenza di quotazione tra le 2 scadenze), abbiano aggravato la situazione”.

Sersale ha parlato di “un fenomeno senza precedenti, che mette in risalto l’impatto del lockdown sulle economie come non mai”. Chiaro l’impatto sul petrolio, infatti, dell’emergenza coronavirus COVID-19 e del lockdown resosi necessario, lanciato da diverse economie:

“E’ chiaro che il petrolio, già in oversupply prima della crisi, ed il cui consumo è enormemente impattato dalle misure contenitive, avendo i trasporti tra i principali motivi di utilizzo, è un caso particolare. Ma si tratta di una manifestazione eclatante che l’economia moderna, globalizzata, interrelata e tarata alla massima efficienza, non è disegnata per subire un blocco delle attività. E questo non è un deterioramento, tipico delle recessioni. E’ proprio un blocco, che crea da un lato accumuli difficili da assorbire e dall’altro sospensioni di approvvigionamento altrettanto dannose (soprattutto di fatturato e reddito, ma non solo)”

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