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Il messaggio dell’esperienza cinese

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Come noto l’epidemia di Covid-19 ha avuto origine in Cina. Il colosso Asiatico sta quindi affrontando le fasi della crisi in anticipo di circa un mese e mezzo rispetto all’Occidente.

È dunque possibile trarre due messaggi dalla sua esperienza.

Gli indici di attività economica cinesi avevano correttamente anticipato la maggiore vulnerabilità del settore dei servizi in conseguenza all’epidemia. Dall’analisi dei dati pubblicati a marzo e aprile si intuisce che anche la ripresa è più lenta: infatti il PMI Services calcolato da Markit continua ad indicare un tasso di contrazione rilevante. Il report, calcolato dall’ufficio statistico nazionale, che è tornato a mostrare espansione, contiene però anche il PMI del settore costruzioni, fortemente influenzato dalle spese in infrastrutture. Tale indice è notoriamente incentrato sul settore pubblico, che si avvantaggia in maniera maggiore dello stimolo economico.

Un altro importante messaggio che ci arriva dalla Cina riguarda la reattività della domanda e dell’offerta alla rimozione dei blocchi. I dati macro di aprile mostrano chiaramente un rimbalzo dell’attività economica: per la produzione industriale, tornata a crescere anno su anno, si può parlare, almeno parzialmente, di «V» shape. Diversamente, le retail sales mostrano ancora un rilevante calo anno su anno e un robusto deficit rispetto ai livelli considerati «normali». Se ne ricava che mentre l’output reagisce immediatamente alla rimozione dei blocchi, l’impatto sui consumi e sugli investimenti è più duraturo.

Il ritardo di normalizzazione della domanda può avere un effetto di ritorno sui settori produttivi. Infatti uno squilibrio può portare ad un accumulo di scorte tale da pesare sull’attività dei mesi a venire.