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Quando l’ottimismo si trasforma in euforia

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Nel corso dell’ultimo mese i mercati azionari globali hanno realizzato performance molto positive con l’indice MSCI World che ha registrato +12.2%. Un risultato record che lo ha portato ai massimi da sempre oltre i 30.000 $mld di capitalizzazione. Durante questi ultimi mesi il recupero dei mercati successivo allo shock di marzo è stato prevalentemente trainato dagli investitori retail che, fin da subito, hanno iniziato a scommettere sulla ripresa e che a novembre hanno trovato sempre più conferme a supporto di questa loro tesi. Tuttavia, nel corso del mese, qualcosa è cambiato sui mercati: ai retail investor si sono aggiuntiì gli investitori professionali e l’ottimismo degli ultimi mesi sembra esser sfociato in vera e propria euforia.

Proviamo dunque ad analizzare a cosa sia dovuto questo rapido cambio di passo dei mercati.

In novembre diversi fattori hanno contribuito ad alimentare l’ottimismo sempre più generalizzato e a convincere (o costringere) anche l’ultimo dei bearish ad allinearsi al resto del mercato. Esaminiamo dunque tali fattori:

  • Le elezioni US hanno visto Biden vincente sull’uscente Trump senza però riuscire a conquistare il Senato. Per molti questo era il miglior risultato possibile capace di garantire all’economia lo stimolo necessario ma, soprattutto, in grado di frenare quella parte di agenda democratica più invisa ai mercati.
  • I tentativi di Trump di rimanere alla Casa Bianca si sono dimostrati del tutto inefficaci così da eliminare ogni incertezza sul futuro politico statunitense.
  • Biden ha lentamente iniziato a costruire la propria squadra di Governo e tra i candidati al Tesoro è apparso il nome della Yellen, ex Presidente FED, lasciando presagire un lungo periodo di coordinamento ultra espansivo tra politica monetaria e fiscale.
  • Dulcis in fundo, l’annuncio del vaccino Pfizer (seguito poi da Moderna e anche da Astrazeneca) con i risultati ampiamente migliori delle attese.

Ecco dunque che l’iniziale ottimismo (prima condiviso da pochi, poi da molti) ha preso rapidamente vigore trasformandosi, nel giro di poco tempo, in una vera e propria euforia con indicatori di ogni tipo ai massimi (o minimi a seconda del caso) di sempre visti solo in altre rare occasioni, a fine 1999 o nel 1929.
Vediamo quindi alcuni di questi indicatori:

  • Un primo indicatore insolito e curioso analizza oltre 80 dei commentatori più prolifici e li suddivide in 4 categorie: i perma-bull (eterni ottimisti), i pragmatisti, gli economisti e i perma-bear (instancabili pessimisti). Quanto evidenzia il grafico è che il recente newsflow ha reso ottimisti perfino i perma-bear, ad indicare quanto siano ormai tutti d’accordo

  • Il secondo grafico riporta il Panic/Euphoria di Citigroup che è tornato a 1.10, livello di estrema euforia raggiunto l’ultima volta nel 2001. A onore del vero va detto che nel 1999-2000 l’indice si era mantenuto sui livelli estremi per diverso tempo ma, neppure in quel periodo, il mercato si asteneva da prender fiato di tanto in tanto.

  • Se analizziamo poi il mercato delle opzioni, vediamo come il Put Call ratio (primo grafico) è arrivato al livello minimo di 0.37 put comprate per ogni call, con la media mobile a 10 giorni ormai a 0.42, livello sfiorato a settembre. Sono infatti passati solo tre mesi da quella correzione, quando avevamo assistito all’accumularsi di acquisti abnormi di opzioni sul Nasdaq (secondo grafico), e il volume in acquisto di opzioni call sul mercato US ha già registrato nuovi massimi storici

In conclusione, l’intento di questo articolo non è fare previsioni riguardanti la futura evoluzione dei mercati, bensì di analizzare e riportare le motivazioni alla base del recente rally e dell’attuale situazione sui mercati.

Certo è che l’ottimismo implicito nei livelli di sentiment e positioning è da settimane su livelli estremi e lascerebbe presagire ad uno storno. È anche vero che, stimolo monetario e fiscale a parte, questo mercato continua ad ottenere un sostegno straordinario daliretail investors che, preda degli animal spirits, comprano single stocks e opzioni call senza tregua. Questo fattore non rende di per sé il mercato immune da correzioni, come abbiamo visto a settembre, ma diventa sempre più difficile da valutare e gli indicatori di sentiment e positioning rischiano di dare falsi segnali ancora a lungo.

D’altro canto, quanto più persistono questi livelli di sentiment e si polarizzano verso l’ottimismo diffuso e generalizzato, tanto più il mercato rischia di diventare vulnerabile e tecnicamente impreparato a gestire un eventuale cambio di rotta.