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Petrolio: canary in the coal mine?

Come noto, il passaggio in negativo del contratto sul petrolio, (WTI) consegna Maggio, occorso lunedì 20 marzo è un’aberrazione tecnica.

Lo stop al settore trasporti ha causato un collasso della domanda globale, producendo un anomalo accumulo di scorte tale da comportare un esaurimento dello spazio di stoccaggio. L’effetto pratico di questa situazione è che gli operatori titolari di posizioni lunghe in scadenza sul future, ma sprovvisti di spazio di stoccaggio prenotato, hanno dovuto pagare per liberarsi dei contratti future e dell’annesso obbligo di andare in consegna. Si tratta di un problema temporaneo, risolvibile con un contributo variabile di 3 fattori: recupero della domanda, riduzione dell’offerta e/o adeguamento della capacità di stoccaggio.

Ciò detto, questo fenomeno costituisce un campanello di allarme sotto diversi aspetti:

1) Mette in risalto l’impatto delle misure di contenimento dell’epidemia sulle economie. Per inciso, alimenta il sospetto che quanto messo in campo da Stati e Banche Centrali per contrastare gli effetti della crisi possa rivelarsi insufficiente. In effetti, l’OPEC ha raggiunto un accordo per tagliare l’offerta ma questo non ha impedito il crash sul mercato.

2) Sottolinea come l’economia moderna, globalizzata, interrelata e super efficiente non sia equipaggiata per assorbire shock di queste dimensioni. Le onde d’urto si propagano globalmente attraverso gli scambi commerciali, le catene di approvvigionamento e i mercati finanziari. Ecco perché Stati e Banche Centrali si trovano costretti a sopperire ovunque, assorbendo gli eccessi di offerta, siano essi commodities, asset finanziari o immobiliari, forza lavoro etc.