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Pfizer, il primo di molti?

I risultati preliminari del trial 3 del vaccino di Pfizer Biontech e di quello di Moderna sono andati oltre le più rosee previsioni, con un’efficacia di oltre il 90%, ben superiore al limite FDA del 50%.

In assenza di complicazioni entrambi potrebbero richiedere approvazione di emergenza in US ed EU, ottenendo per il prossimo dicembre di poter essere commercializzati. Pfizer ha dichiarato di poter disporre di 200 milioni di dosi per fine 2020 e di poterne produrre 1,3 miliardi nel 2021. Moderna ha parlato di 20 milioni per quest’anno e almeno altri 500 per il 2021.
Possibili dubbi restano sull’efficacia dei preparati per categorie più vulnerabili, come ad esempio anziani e individui affetti da patologie.

Infatti i campioni usati per i trial 3 non sono sufficienti a escludere la comparsa di effetti collaterali rari, oppure controindicazioni su categorie più vulnerabili, che potrebbero emergere solo in fase di commercializzazione.
La necessità di conservare il composto a -70 gradi rende complessa la distribuzione del prodotto di Pfizer, in particolare nei paesi emergenti. Moderna dispone di un vaccino meglio trasportabile, ma disponibile in quantità minori.

Anche Astra Zeneca e alcune case Cinesi sono in dirittura d’arrivo per ottenere risultati definitivi dei rispettivi trial 3.

Il vantaggio dell’approvazione di diversi vaccini onsiste nella possibilità di raggiungere più rapidamente un quantitativo di dosi sufficiente ad immunizzare alcuni sottogruppi. I candidati Astra Zeneca e Johnson & Johnson (viral vector) otterranno presumibilmente valori di efficacia più bassi di quelli basati su RNA messaggero di Pfizer e Moderna, ma avranno il vantaggio di necessitare di una sola inoculazione e di poter essere conservati a temperature da frigorifero. Inoltre, le aziende hanno anticipato il più possibile la produzione e un’approvazione potrebbe liberare sul mercato quantitativi adeguati.

È probabile che le prime dosi disponibili verranno distribuite ad anziani, portatori di patologie e lavoratori di alcuni settori considerati esposti o strategici (es. personale sanitario). Per ottenere però un immunità di gregge è necessario immunizzare il pubblico più giovane, che risulta il principale vettore del contagio. Oltre che dalla disponibilità di dosi, un ostacolo verso questo traguardo potrebbe essere costituito dalla riluttanza di queste categorie a vaccinarsi, visto il ridotto rischio di sviluppare una sintomatologia pesante.

I pre-ordini fatti dai paesi industrializzati su Pfizer (1,1 trilioni di dosi) e su Moderna (770 mln) consentirebbero di immunizzare il 60/65% della popolazione del G7 entro l’anno prossimo. Secondo uno studio di Deutsche Bank, ipotizzando un R0 di 2,5, basterebbe un 60% di individui immunizzati per ottenere l’immunità di gregge in una popolazione.
Ovviamente, ai fini della normalizzazione, rileva anche la durata dell’immunizzazione prodotta dal vaccino, un aspetto su cui le informazioni sono ancora poche e inaffidabili.

Per quanto riguarda i paesi emergenti, l’immunizzazione è maggiormente legata all’approvazione di un vaccino a vettore virale, che presenta il vantaggio di costi inferiori (4$ invece che 20) e trasporto più agevole (almeno rispetto a quello di Pfizer). Non a caso molti paesi hanno piazzato i loro pre-ordini su Astra Zeneca (75% delle dosi) .

Riassumendo

L’elevata efficacia riscontrata nei vaccini a RNA messaggero costituisce un significativo passo in avanti alla soluzione del problema Covid. Fondamentale, per il traguardo di un’immunizzazione della popolazione, è che almeno un altro paio di candidati (idealmente Astra Zeneca, Curevac e altri candidati Cinesi) ottenga l’autorizzazione ed entri in commercio. In quel caso la normalizzazione nella seconda metà del 2021 sarà alla portata.