L’azionario dei paesi industrializzati ha finora mostrato scarsa attenzione ai rischi globali conseguenti all’epidemia di Coronavirus. Un atteggiamento sorprendente considerando la centralità della Cina nel sistema delle global supply chains e la sua rilevanza nella domanda globale di beni di consumo e di investimento.
Tra i motivi di questa tenuta c’è la convinzione che l’azione delle banche centrali preverrà un significativo rallentamento del ciclo e soprattutto l’enorme ammontare di liquidità iniettata nel sistema fornirà un eccezionale supporto ai mercati.
L’impressione, però, è che, in questo caso, l’efficacia degli strumenti di politica monetaria sia sopravvalutata dagli operatori. Bisogna tener presente che l’impatto della politica monetaria non è immediato. Gli effetti delle modifiche del policy mix, infatti, giungono con un ritardo (vedi grafico) tanto più lungo quanto più ridotta è la loro portata.
Il 2019 offre un chiaro esempio di quest’effetto: il ritardo osservato nell’impatto del cambio di stance operato dalle Banche Centrali nel primo semestre ha alimentato, nell’autunno dell’anno scorso, il dibattito sulla ridotta efficacia degli strumenti di politica monetaria e sull’abbondanza degli effetti collaterali negativi.
Inoltre, a fine 2018 il margine di manovra in mano ai principali policy makers era discreto. Il FOMC aveva avviato un ciclo di rialzi dei tassi e il mercato scontava ulteriori aumenti, mentre il bilancio FED era in fase di normalizzazione e l’ECB aveva i tassi fermi dal 2016 e aveva arrestato il QE da quasi un anno.
Attualmente, la FED ha tagliato i tassi 3 volte e il mercato sconta altri 2 tagli, mentre il bilancio FED sta crescendo a ritmi elevati e l’ECB ha tagliato ulteriormente i tassi e ha in piedi un programma di acquisti.
Su queste basi, al momento, uno shock di politica monetaria di dimensioni significative è difficile da ottenere. Dovesse verificarsi il «worst case scenario» possiamo dire che il peggior incubo delle banche centrali diventerebbe realtà: una recessione si abbatterebbe sull’economia globale prima che le banche centrali siano riuscite a ricostituire il loro arsenale.